Pubblicato Martedì, 21 Maggio 2013
Scritto da Nicola Dell'Arena


SUL FILO DEI RICORDI…

 S.RITA: LA PIU’ BELLA FESTA DI ATRI


Quando ho letto che la festa di S. Rita è iniziata la prima volta nel 1900 sono rimasto profondamente sorpreso e meravigliato. Non l’ho sapevo, nessuno mi ha detto che fosse così recente, neppure mio padre che essendo nato nel 1899 l’ho doveva sapere. Pensavo che la festa più grande, più attesa e più partecipata di Atri avesse origini più lontane. Non immaginavo che la grande devozione degli atriani, e non solo degli atriani, fosse così recente.

Nella mia fanciullezza la giornata del 22 maggio iniziava presto, abitando a pochi metri dalla chiesa. La festa di S. Rita portava con sé tante cose belle.

Le bancarelle vendevano, tra tante cose, le prime ciliegie dell’anno a coppia, raramente a tre, che poi appendevano per ornamento nelle orecchie. Mio nonno materno, l’unico rimasto in vita dei quattro, mi dava 10 lire, quello con il cavallo, e così potevo comprare poche cose ma le ciliegie erano la prima spesa. Le settimane precedenti il comune faceva ripulire tutta Atri, faceva tagliare tutte le erbacce, faceva risistemare i giardini per rendere più bella e presentabile Capo d’Atri ed Atri ai numerosi ospiti che venivano a venerare la santa.

Via Picena era tutto un brulicare di fedeli e persone, era tutto un via vai dalla mattina alla sera, c’erano i cantastorie, i ciarlatani, e i venditori di felicità. C’era il venditore con un pappagallo, chiuso in un gabbietta, che al costo di 1 lira prendeva con il becco un foglietto da un cassettino dove c’erano i numeri da giocare al totocalcio e al lotto e l’oroscopo  pieno zeppo di felicità, denaro, amore e tutte le meraviglie del mondo. Un pomeriggio, facevo il quarto industriale, stavo studiando integrali e derivati perché il giorno dopo la professoressa di matematica, che mi voleva bene anche se non lo dimostrava, mi interrogava. Dentro casa argomenti complessi ma da fuori veniva un mormorio continuo di persone che andavano in chiesa per salutare S. Rita.

Per la festa arrivavano a piazza Marconi le autoscontro, unico periodo in tutto l’anno, ed erano settimane di festa e gioco, soprattutto la domenica e la sera. Visto la povertà di quegli anni facevo solo qualche giro, offerto da amici, che costava 50 lire a persona.

Una altra caratteristica era la presenza di due bande l’una il 21 e l’altra il 22, erano le migliori e più grosse bande della Puglia, con circa ottanta elementi, che facevano a gara per venire ad Atri. Tutte e due le bande suonavano in processione l’una davanti e l’altra dietro la statua di S. Rita. Piazza Duomo era affollatissima ed io piccolino mi addormentavo sulle scalette della cassa armonica. Un anno la cassa fu messa a Capo d’Atri, visto che i negozi non volevano contribuire economicamente. Fu un fallimento totale e per il 22 si dovette tornare a piazza Duomo. La prima volta che arrivò un cantante fu Orietta Berti, allora ero studente universitario, fu un successo straordinario mai ripetuto negli anni successivi. Ci furono chilometri e chilometri di macchine in fila per uscire da Atri in tutte le direzioni di uscita.

Nei giorni precedenti le mamme erano occupate a preparare dolci e liquori, per amici e parenti che venivano da Pineto, Silvi, Castilenti, Elice, Cellino praticamente da tutti i paesi vicini. A casa mia si preparava “li “fnuchitt” (biscotto rotondo con la mandorla sopra), “li bscutt lungh” (senza e con cioccolata) ed anisetta. Per il pranzo e la cena non c’era un menù particolare come per le altre feste. Tutti dovevano aiutare la mamma nelle giornate di preparazione e nel giorno della festa.

La festa iniziava con lo sparo d’apertura e con le messe. Durante la mattinata era un continuo venire di gruppi, e già in lontananza si sentivano cori che innalzavano inni a S. Rita. I gruppi venivano da tutto il contado e dai paesi vicini, organizzati per zona portando in dono candele decorate e mazzi di rose freschi e profumati. A mezzogiorno la processione che faceva il giro lungo. Ad Atri c’erano diversi percorsi per le processioni e a S. Rita spettava il più lungo toccando tutti i quartieri. All’uscita e alla rientrata della santa era compito di mio zio “Nanuccio”, anche perché era magro e piccolo, togliere e rimettere la corona alla santa, altrimenti non sarebbe passata per la porta.

 

Alla processione partecipavano le mie sorelle io dovevo stare a casa per aiutare mia madre nei preparativi del pranzo e dovevo stare attento agli spari di quando la processione arrivava a S. Domenico per buttare gli giù spaghetti. A pranzo c’era sempre qualche parente di altri paesi ed amici.

Per la chiusura non posso non ricordare la tombola in piazza con l’estrazione che avveniva sul balcone del teatro, un anno sono stato io a tirare i numeri dal bussolotto e il vincitore mi regalò 100 lire e i fuochi d’artificio che erano i più belli e duraturi di tutte le feste di Atri e di tutto il circondario.

Nicola Dell’Arena