RACCONTI D’ESTATE

“Na’ btterat”

 

Avevo tra i 10 e 12 anni. Una domenica di luglio appena finito di pranzare esco di casa come tutti i giorni. Incontro F.G. che mi dice “Nicola nella campagna “de la burra” ci sono degli alberi di prugne buonissime, vogliamo andare a prenderle”. Risposi subito di si.

Appena fuorila Roccaall’incrocio tra le strade che veniva da porta Capo d’Atri e da porta Macelli partivano tre strade di campagna. La prima portava alla Vricciola, la seconda a Panicce e la terza sotto S. Domenico. Gli alberi si trovavano a50 metridall’incrocio sulla strada per S. Domenico. Ad Atri, è tradizione millenaria, che le persone e soprattutto le famiglie si riconosco per il soprannome, nickname in inglese e nel linguaggio di internet. La “burra” (burro in italiano) era l’affittuario mentre il proprietario era “ Giggi lu fattere” (fattore in italiano)

Arriviamo e ci arrampichiamo su un albero e cogliamo delle  bellissime e buonissime prugne gialle, dette gogge d’oro. Ne raccolsi una ventina, le misi dentro la canottiera e venivano retti dalla molla dei pantaloni corti, praticamente ne feci “na bttratt”.

Ad un certo punto vediamo il contadino uscire di casa, dalle finestre aveva visto il nostro agire, e venire nella nostra direzione. Al solo vedere il contadino in contemporanea saltiamo dall’albero, noi ragazzi eravamo molto più veloci del contadino, e scappiamo nella direzione di S. Domenico. Rispuntiamo dietro la chiesa di S. Domenico e poi, non so il perché, siamo andati alla villa comunale sempre con la bttrat di prugne. Nella villa abbiamo incontrato altri ragazzi e abbiamo raccontato il fatto vantandoci della abilità e bravura per il furto fatto. 

Verso le 18 torniamo a casa e nelle vicinanze, da largo Forosetto, vedo mio padre venirmi incontro e quando mi raggiunge e mi sferra 4 sonori ceffoni ben fatti, con forza e virulenza, due sulla guancia sinistra e due sulla destra. Senza fiatare e piangere, era il nostro mestiere,  tornai a casa e tolsi le prugne dalla canottiera.  

Cosa era successo? Il contadino avendoci riconosciuto e non potendo gareggiare con noi nella corsa, andò da mio padre e per raccontargli l’accaduto e i 4 ceffoni furono la conseguenza logica dell’educazione di quegli anni e del rapporto genitori figli.

Ma la domanda di chi legge è: le prugne che fine hanno fatto? Tra la sera e il giorno dopo furono mangiate da tutti: da mio padre, mia madre e le mie sorelle. Ogni volta che mangio le prugne acerbe di oggi ripenso a quelle meravigliose, dolcissime e buonissime prugne gialle.

Tutto il fatto faceva parte di un copione teatrale della vita atriana . Le commedie di Pirandello “cosi é se vi pare e il gioco delle parti” si adattano meravigliosamente e completamente alla realtà di quegli anni. Le famiglie povere, e sono orgoglioso di essere nato così, mangiavano la frutta solamente quando qualcuno le portava in regalo e quando noi ragazzi le prendevamo dagli alberi. I soldi per andare al mercato a comperare la frutta non c’erano. Il contadino, povero, pure lui, e che viveva del magro raccolto, da dividere con il proprietario, doveva far finta di arrabbiarsi per scoraggiare  noi ragazzi a ripetere l’azione , altrimenti il raccolto a fine stagione era magro.

Quante volte il contadino mi ha incontrato per il paese e non mi ha mai redarguito, non mi ha mia detto nulla. Alcune volte abbiamo trebbiato e vendemmiato insieme nella campagna di mio zio Gabriele e non mi ha mai detto nulla. Il contadino sapeva che i pochi momenti per mangiare la frutta erano quelli e faceva finta di arrabbiarsi ma nel frattempo ci faceva cogliere la frutta . I genitori si arrabbiavano, per dare un contentino alla società me nel frattempo anche loro mangiavano la frutta rubata.

Era tutto un gioco della parti meraviglioso e naturale.

Nicola Dell’Arena