Pubblicato Mercoledì, 24 Aprile 2024
Scritto da Alessandra Della Quercia

FOLLEMENTE CREATIVI

QUANDO LA CREATIVITÀ SI TINGE DI FOLLIA


Creatività: la prodigiosa abilità di mettere in sinergia gli ingranaggi della mente e del corpo, originando perle di rara bellezza. Infinite concezioni si susseguono e si fondono conferendo un irresistibile fascino a questa parola così variegata e multiforme.

Lo psicologo e psicoanalista Erik Erikson afferma che l’io creativo è un elemento vitale che riesce a tramutare ogni difficoltà in occasione di crescita ed arricchimento interiore. Il pedagogista Jean Piaget nella “teoria degli studi di sviluppo delle funzioni di pensiero” ribadisce una relazione diretta tra lo sviluppo del pensiero creativo e l’apprendimento attivo. Lo psicologo Abraham Maslow sostiene che la creatività si ottiene soltanto con il soddisfacimento dei bisogni fondamentali ed è il potenziale da tirar fuori per diventare persone migliori.

Ellis Paul Torrance individua quattro componenti imprescindibili nel processo creativo:

  1. La fluidità , ossia la quantità di risposte che una persona è in grado di dare;
  2. La flessibilità, ossia l’adattamento e l’elasticità mentale;
  3. L’originalitàossia una forte ingegnosità nel concepire idee innovative e particolari;
  4. L’elaborazione, ossia la capacità di selezionare dei concetti, facendoli propri ed arricchendoli di dettagli precisi ed accurati.

Per Teresa Amabile, docente all’Harvard Business School ed esperta di creatività organizzativa, le personalità creative si distinguono per le seguenti caratteristiche: indipendenza dal giudizio, auto-confidenza, attrazione per la complessità, orientamento estetico e capacità di assumersi rischi. I killer della creatività, invece, sono: il timore eccessivo delle opinioni altrui, il controllo esagerato, la paura, il pessimismo, l’ansia e l’ottusità.

La creatività è sorgente inesauribile, estro insaziabile e vivace connubio di intelletto e fantasia. La creatività non teme la solitudine: anzi, è proprio in essa che si rifugia per rinfrancarsi e partorire pensieri sempre nuovi. È della stessa opinione lo scrittore Thomas Mann, il quale afferma convinto che la solitudine fa maturare la creatività, l’arte e la poesia. Ampi studi dimostrano, inoltre, che coloro che posseggono un alto livello di creatività sanno essere molto più incisivi e risoluti, mostrando un grado invidiabile di libertà e concretezza. Per loro la vita è un’avventura a tinte forti, traboccante di sorprese e stupore.

CREATIVITÀ E FOLLIA: SEPARATE ALLA NASCITA?

È dalla notte dei tempi che si dibatte sul possibile legame tra la creatività e la follia. La tematica è da sempre oggetto di argute e stimolanti discussioni.

Per Sigmund Freud la creatività deriva da un conflitto psichico e rappresenta il rimedio per risolverlo. Per lui le opere creative nascono da desideri, turbamenti e disagi che si trasformano in arte. Per Carl Jung la creatività porta con sé un qualcosa di profondo e visionario: essa attinge dall’inconscio collettivo e risveglia la parte primordiale dell’individuo, assumendo connotazioni particolari che neanche l’artista è in grado di spiegare. Essa, a suo dire, può svilupparsi in quei lati della personalità che non sono ancora evoluti. Il suo smodato amore per la cultura classica lo porta spesso a parlare del daimon, termine greco usato dal filosofo Socrate per definire “lo spirito guida” presente in ognuno di noi che racchiude in sé forze divine e malefiche e che giunge durante il sonno a tormentare e ad illuminare l’anima. Secondo la concezione junghiana il daimon è un qualcosa di alieno, che risiede nell’inconscio, e di universale, appartenente quindi a tutti i popoli e a tutte le culture. Come dice James Hillman nel suo bestseller “Il codice dell’anima”: “Il daimon svolge la sua funzione di promemoria in molti modi. Ci motiva. Ci protegge. Si oppone alla ragionevolezza facile, ai compromessi e spesso obbliga il suo padrone alla devianza e alla bizzarria, specialmente quando si sente trascurato o contrastato.” Esso è definibile, perciò, come un’entità creativa che turba l’individuo finché non viene liberata.

Il filosofo Umberto Galimberti sostiene che la creatività può scaturire unicamente dalla follia. Per lui, l’essere umano è folle e irrazionale per natura: la pazzia gli offre quell’occasione di venire a contatto con la sua parte più recondita, ma rappresenta al tempo stesso un pericolo se non viene controllata e gestita. Egli concepisce l’artista come colui che sa dosare armoniosamente follia e raziocinio. Il neuroscienziato Andreas Fink ha dedicato minuziose ricerche sui meccanismi oscuri della creatività, confrontando il cervello di individui creativi con quello di individui mentalmente disturbati. Dalle risonanze magnetiche si è evinto che, in ambedue i casi, la zona del precuneus, regione del cervello implicata nell’attenzione e nella concentrazione, non agisce come filtro: ecco quindi che il cervello produce un flusso continuo di  idee.

FOLLEMENTE CREATIVI : 3 CASI CELEBRI 

NELLA MUSICA: Robert Schumann (1810-1856) Eccelso musicista, direttore d’orchestra, esecutore e compositore di musica per pianoforte. Nel suo caso non si può parlare di vera e propria malattia, bensì di una vena di follia che gli faceva alternare stati di apparente normalità ad altri di inspiegabile confusione mentale. Egli concepiva la musica come l’antidoto ai mali dell’esistenza. Profondamente combattuto tra ragione e passione, riversò nelle sue note tutta l’intensità della sua disperazione nel sentirsi totalmente estraneo ad un mondo di apparenze e lustrini. Di indole pessimista e contorta, componeva spinto da “voci interne”, come lui stesso le definiva. La sua rinomata grandezza si contrapponeva alla sua devastante insicurezza, che lo portò a chiudersi ancora di più in se stesso e ad essere licenziato dal Comitato dei concerti della sua città. Fu un colpo tremendo che lo catapultò in una situazione irrecuperabile: difficoltà d’eloquio, angoscia, apatia e problemi uditivi lo distrussero. Egli si sentiva represso in una gabbia di convenzioni che lo soffocavano. La libertà di essere se stesso: questo era il suo sogno agognato e, purtroppo, irrealizzato.

NELLA PITTURAVincent Van Gogh (1853-1890) Appartenente alla corrente del Post Impressionismo,  è il pittore malato per antonomasia. I suoi disturbi, manifestatisi prima dei trent’anni, sono stati largamente analizzati e dibattuti, interpretando le sue opere e le lettere rivolte al fratello Theo. Egli soffriva di attacchi epilettici ed allucinazioni che lo facevano piombare in momenti di depressione forti a tal punto da impedirgli di lavorare. Visse di stenti e attanagliato dalla morsa della povertà, eppure oggi le sue tele sono estremamente quotate. Nei suoi quadri, caratterizzati da pennellate rapide e colori sgargianti, sono raffigurati paesaggi, nature morte, girasoli e diversi autoritratti. In essi si scorge il suo immenso tormento e, al contempo, la sua intrinseca voglia di evadere dalla sua perenne malinconia. Il suo animo inquieto e fragile anelava a quella felicità, tanto desiderata e mai conosciuta.

NELLA POESIA: Alda Merini  (1931-2009) Donna di rara sensibilità e toccante umanità, è stata la poetessa dell’anima per eccellenza. Condusse una vita assai travagliata e inusuale, perché a soli trent’anni si trovò a doversi rapportare con la tremenda realtà del manicomio, per quasi un ventennio. Fu il marito a farla ingiustamente internare nel 1961, per un suo raptus dovuto all’immane carico di  lavoro e alla costante povertà. Considerata pazza, in realtà non era affatto pericolosa ed aveva un’invidiabile lucidità mentale. Per tale motivo ella soffrì ancora di più l’assurda prigionia in manicomio, in cui sperimentò la sofferenza più atroce: l’annientamento per la mancanza di libertà e il crudele abbandono del marito. La sua tempra, però, era così potente da aiutarla a trovare un incredibile equilibrio interiore che la spinse a trarre del buono anche in quell’esperienza così degradante.  La sua reclusione si concluse definitivamente nel 1979. Da quel momento in poi, cominciò a raccontare la sua tribolata avventura, partecipando a trasmissioni televisive e rilasciando svariate interviste. Dotata di temperamento energico e appassionato, nelle sue incantevoli poesie buttò fuori tutto ciò che albergava nel suo cuore delicato e provato. Ogni suo scritto regala un prezioso insegnamento e trabocca di struggente romanticismo. Quando Bonolis la invitò al suo programma Il senso della vita le chiese se il poeta fosse più vulnerabile rispetto alle altre persone. Lei rispose: Il poeta soffre molto di più, però ha una dignità tale che non si difende neanche alle volte. Io il male l’ho accettato ed è diventato un vestito incandescente. È diventato poesia. È diventato fuoco d’amore per gli altri.”

CONCLUDENDO…

Che dire, se la follia genera capolavori di tale spessore, ben venga allora essere folli!

L’immensa Alda, con il suo fine acume e con la semplicità che solo i grandi spiriti hanno, tra i suoi mille tesori ci ha donato la seguente poesia che celebra la meraviglia dell’essere veri e genuini, senza sovrastrutture e limiti di sorta:

La semplicità è mettersi nudi davanti agli altri.
E noi abbiamo tanta difficoltà ad essere veri con gli altri.
Abbiamo timore di essere fraintesi, di apparire fragili,
di finire alla mercé di chi ci sta di fronte.
Non ci esponiamo mai.
Perché ci manca la forza di essere uomini,
quella che ci fa accettare i nostri limiti,
che ce li fa comprendere, dandogli senso e trasformandoli in energia,
in forza appunto.

Io amo la semplicità che si accompagna con l'umiltà.
Mi piacciono i barboni.
Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle,
sentire gli odori delle cose,
catturarne l'anima.
Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo.
Perché lì c'è verità, lì c'è dolcezza, lì c'è sensibilità, lì c'è ancora amore.”

 Alessandra Della Quercia